XV Domenica del Tempo Ordinario

Gli evangelisti non hanno cercato di nascondere o minimizzare gli insegnamenti della predicazione di Gesù. Entusiasmati dal suo insegnamento e dalle sue opere, molti hanno visto in lui un uomo eccezionale. Ma altri hanno sospettato della sua saggezza e dei suoi poteri straordinari. 

Qui si pone il problema della fede, della difficoltà a credere; ed è per questo che la liturgia oggi ci invita ad aprirci ad una fede profonda e semplice. 

Se nella prima lettura Dio annuncia ad Ezechiele che non sarà creduto ed accettato dagli israeliti, nel vangelo è Gesù stesso che non viene accolto nella sua città di Nazareth. Egli dopo aver cominciato a predicare e fare miracoli a Cafarnao, ritorna a Nazareth; dalla casa di Giairo si sposta nella sinagoga. Marco in questo brano sottolinea la posizione dei familiari di Gesù, la sapienza del suo insegnamento, i prodigi compiuti in rapporto con la fede di chi ne è il destinatario, la presenza dei discepoli, l’interrogativo sull’identità di Gesù.  

Se nella parabola del capitolo quarto Gesù aveva illustrato la logica del Regno attraverso il contrasto fra lo stato iniziale del granello di senape e l’arbusto che ne emerge, ora sembra che sia proprio questa logica a fare problema in riferimento all’identità di Gesù. Per ben tre volte gli interrogativi dei

Nazaretani dimostrano di non riuscire ad associare il frutto con le origini della persona che altro non è che il carpentiere, nato da una donna con i familiari noti a tutti. 

Se nel brano di domenica scorsa emerge la grande fede di Giairo e dell’emorraissa, qui emerge una grande incredulità.  

E noi da che parte stiamo?