IV Domenica di Quaresima

Narrazione vivace e particolarmente ricca di personaggi che vanno e vengono, esprimendo i loro sentimenti e le loro opinioni: è questo il brano di Giovanni che va sotto il titolo di “guarigione del cieco nato” e che la liturgia oggi ci propone. Ed anche al lettore viene spontaneo, seguendo i personaggi ed i vari discorsi, fornire una sua opinione. 

Questa storia ci riguarda da vicino perché in fondo tutti siamo nati ciechi o quasi. Il bambino appena nasce non distingue i contorni delle cose e se fosse in grado di esprimere quello che prova quando comincia a vedere il volto della mamma, le persone intorno a lui, le cose, i colori, chissà che esclamazione di stupore sentiremmo. Il vedere è un miracolo solo che noi non ci facciamo caso perché ci siamo abituati e diamo tutto per scontato. 

Ma c’è anche un altro senso per cui noi siamo nati ciechi. C’è un altro occhio che deve aprirsi al mondo, oltre a quello materiale, ed è l’occhio della fede. Esso ci permette di vedere al di là di quello che noi vediamo con gli occhi del corpo: il mondo di Dio, della vita eterna, il mondo del vangelo, il mondo che non finisce nemmeno con la fine del mondo. È questo il senso del segno presentato da Giovanni al capitolo 9. 

Ma perché Gesù invia il giovane cieco alla piscina di Siloe? Non poteva guarirlo immediatamente come ha fatto tante altre volte? Mandandolo a lavarsi, Gesù voleva significare che questo occhio diverso, della fede, comincia ad aprirsi con il battesimo, quando riceviamo appunto il dono della fede, il dono della fede nel Figlio di Dio.