XIII Domenica del Tempo Ordinario

Colui che accoglie Gesù si trova certe volte a dover fare una scelta radicale anche negli affetti più intimi, non per abbandonarli, ma per purificarli e renderli più autentici.

Anche qui si è stupiti dalla radicalità della scelta dal tre volte ripetuto: “Non è degno di me”. Sembra quasi un ritornello che completa il ritratto dell’apostolo di Gesù, del suo inviato. L’identità dell’apostolo presentata in questo capitolo 10 del Vangelo secondo Matteo, in quello che è definito discorso missionario o apostolico, è la medesima identità di Gesù Cristo.  Come il Padre ha mandato Lui a testimoniare il suo amore verso i fratelli, allo stesso modo Lui manda quelli che già si sanno figli, verso altri fratelli, fin quando tutti arrivino ad accogliere l’amore del Padre.

Non c’è altra strada per essere autentici. L’amore del padre e della madre è insito nella natura e non dimentichiamo che è anche un comandamento di Dio. Amando il padre e la madre, onorandoli,  si riconosce il dono della vita da essi ricevuto. Quando però li si ama nel Signore si risale a Colui da cui dipende ogni vita.

E così avviene anche nei confronti dei figli. I genitori amando vivono quella paternità e maternità che ha la sua origine in Dio; i genitori amando Gesù sopra ogni cosa riescono meglio a vivere in pienezza quella totale donazione di sé ai figli che il Signore ci ha insegnato, una donazione che si fa sacrificio o, come dice Gesù, che si fa un “portare la propria croce” per imitarlo.

Solo chi rende la relazione con Lui parte essenziale della propria vita riuscirà a dare il vero senso e giusto orientamento ad ogni relazione umana.

E allora l’inviato testimonia nel mondo la sua appartenenza a Cristo e il mondo avrà sempre qualcuno pronto ad accogliere l’apostolo e Gesù stesso afferma che tutti, anche chi avrà dato soltanto un “bicchiere d’acqua fresca” , riceveranno la loro ricompensa. L’apostolo non è uno che cammina da solo nel mondo: Gesù e il Padre mediante lo Spirito non lo abbandoneranno mai.